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LEGGE 11 GENNAIO 1979, n. 12
NORME PER L’ORDINAMENTO DELLA PROFESSIONE DI CONSULENTE DEL LAVORO Aggiornata all'11 aprile 2007
TITOLO IV
SANZIONI DISCIPLINARI
Art. 26. Responsabilità disciplinare dei consulente del lavoro- Azione disciplinare
Il consulente del lavoro che si rende colpevole di abusi o mancanze nell’esercizio della professione o comunque di fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale, è sottoposto a procedimento disciplinare. Salvi i casi di sospensione di diritto di cui all’articolo 29, primo comma, il consiglio provinciale che custodisce l’albo in cui l’incolpato trovasi iscritto inizia il procedimento disciplinare d’ufficio o su richiesta del pubblico ministero presso il tribunale ovvero su richiesta dell’interessato. La competenza a procedere disciplinarmente nei confronti di un membro del consiglio provinciale spetta al consiglio provinciale della sede di corte d’appello, ovvero, se egli appartiene a quest’ultimo, al consiglio della sede di corte d’appello vicina determinata dal Consiglio nazionale. Art. 27. Pene disciplinari Le pene disciplinari, che il consiglio provinciale può applicare, sono: 1) la censura; 2) la sospensione dall’esercizio della professione per un tempo non superiore ai due anni; 3) la radiazione. Art. 28. Censura La censura consiste nel biasimo formale per la trasgressione commessa ed è inflitta nei casi di abusi o mancanze di non lieve entità, che tuttavia non ledano il decoro e la dignità professionale. Art. 29. Casi di sospensione Oltre i casi di sospensione dall’esercizio professionale previsti nel codice penale, importano di diritto la sospensione dall’esercizio della professione: a) l’interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a tre anni; b) il ricovero in un manicomio giudiziario, il ricovero in casa di cura e di custodia, l’applicazione di una tra le misure di sicurezza non detentive previste dall’Art. 215, terzo comma, numero 1), 2) e 3) del codice penale; c) l’emissione di un mandato o di un ordine di cattura; d) la morosità per oltre dodici mesi del pagamento dei contributi previsti dagli articoli 14, lettera h) e 23, lettera c), della presente legge. La sospensione è dichiarata dal consiglio provinciale, sentito l’interessato qualora ne faccia richiesta. Il consiglio provinciale può pronunciare, sentito il professionista, la sospensione nei casi di abusi o mancanze gravi che ledano il decoro e la dignità professionale. Nei casi previsti dalle lettere a), b), c) e d) del presente articolo, la durata della sospensione non è soggetta a limiti di tempo. Il consulente può tuttavia chiedere al consiglio provinciale la cessazione della sospensione ove ne siano venuti meno i presupposti. Il consulente del lavoro a cui sia stata applicata la censura è punito con la sospensione non inferiore ad un mese se incorre in una nuova trasgressione. Art. 30. Casi di radiazione La radiazione è pronunciata contro il consulente del lavoro che abbia, con la sua condotta, compromesso gravemente la propria reputazione e la dignità della professione. Art. 31. Radiazione di diritto La condanna per delitto contro la pubblica amministrazione, contro l’amministrazione della giustizia, contro la fede pubblica, contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, contro il patrimonio oppure per ogni altro delitto non colposo, per il quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni, importa la radiazione di diritto dall’albo. Importano parimenti la radiazione di diritto: 1) l’interdizione dai pubblici uffici, perpetua o di durata superiore a tre anni, o l’interdizione dall’esercizio della professione per una uguale durata; 2) il ricovero in manicomio giudiziario nei casi indicati dall’articolo 222, comma secondo, del codice penale, e l’assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro. La radiazione nei casi previsti dal presente articolo è dichiarata dal consiglio provinciale, sentito l’interessato qualora ne faccia richiesta. Art. 32. Rapporti tra il procedimento disciplinare ed il giudizio penale Il consulente del lavoro che sia stato sottoposto a procedimento penale è sottoposto anche a procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto dell’imputazione, tranne il caso che sia intervenuta sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non l’ha commesso. Art. 33. Istruttoria nel procedimento disciplinare Fermo il disposto dell’articolo 29, secondo comma, e quello dell’articolo 31, ultimo comma, nessuna pena disciplinare può essere inflitta senza che l’incolpato, previa contestazione degli addebiti, sia stato invitato a comparire dinanzi al consiglio provinciale con l’assegnazione di un termine non inferiore a giorni dieci, per essere sentito nelle sue discolpe. L’incolpato può farsi assistere da un difensore. Art. 34. Svolgimento del procedimento disciplinare Il presidente nomina, tra i membri del consiglio provinciale, un relatore, il quale, nel giorno fissato per il procedimento, espone al consiglio i fatti per cui si procede. Il consiglio, udito l’interessato ed esaminati le eventuali memorie o documenti, delibera a maggioranza assoluta dei propri componenti; in caso di parità di voti prevale la decisione più favorevole all’incolpato. Se l’interessato non si presenta non fa pervenire alcuna memoria difensiva né dimostra un legittimo impedimento, si procede in sua assenza. La deliberazione deve contenere l’indicazione dei fatti, i motivi della decisione e la decisione del consiglio. Il proscioglimento è pronunciato con la formula “non essere luogo a provvedimento disciplinare”. Art. 35. Ricusazione e astensione I membri del consiglio provinciale devono astenersi quando ricorrono motivi, in quanto applicabili, indicati dall’articolo 51 del codice di procedura civile e possono essere ricusati per gli stessi motivi. Sull’astensione e sulla ricusazione decide il consiglio provinciale. Se non è disponibile il numero dei componenti del consiglio che è prescritto per deliberare, gli atti sono rimessi senza indugio al consiglio provinciale costituito nella sede della corte d’appello viciniore. Se i componenti che hanno chiesto l’astensione o sono stati ricusati fanno parte di quest’ultimo consiglio, gli atti sono rimessi al consiglio nazionale per la designazione del consiglio costituito in altra sede della corte d’appello più vicina. Il consiglio competente a termini del comma precedente, se autorizza l’astensione o riconosce legittima la ricusazione, si costituisce al consiglio provinciale cui appartengono i componenti che hanno chiesto di astenersi o che sono stati ricusati; altrimenti restituisce gli atti per la prosecuzione del procedimento. Art. 36. Notificazione delle deliberazioni Le deliberazioni disciplinari sono notificate entro trenta giorni all’interessato ed al pubblico Ministero presso il tribunale nel cui circondario l’incolpato risiede nonché al procuratore generale presso la corte d’appello e ai Ministri di grazia e giustizia e del lavoro e della previdenza sociale. Art. 37. Ricorso al Consiglio nazionale Nel termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione l’interessato ed il pubblico ministero possono proporre ricorso al Consiglio nazionale. Il Consiglio nazionale può sospendere l’efficacia del provvedimento, riesamina integralmente i fatti e può anche infliggere al professionista una pena disciplinare più grave. Gli effetti del ricorso sono limitati a coloro che l’hanno proposto. Art. 38. Riammissione dei radiati Il consulente del lavoro radiato dall’albo può esservi riammesso purché siano trascorsi almeno sei anni dal provvedimento di radiazione e se questo derivò da condanna penale, sia intervenuta la riabilitazione. In ogni caso deve risultare che il radiato ha tenuto, dopo la radiazione, irreprensibile condotta. Si applicano le disposizioni dell’articolo 9. Art. 39. Prescrizione dell’azione disciplinare L’azione disciplinare si prescrive in cinque anni. ... precedente |